Spada
Il trionfo dei sovietici nel fioretto, provocò un moto d'orgoglio nello squadrone di casa. La risposta non si fece attendere ed arrivò, puntuale, nella spada, l'arma più pesante della scherma. La prova individuale ebbe inizio il mattino del 5 settembre. 80 scermidori cominciarono a darsi battaglia per la conquista dell'oro. Tra i favoriti l'inglese William Hoskyns, già campione del mondo della specialità, poi l'ungherese Jozsef Sakotis, i francesi Mouyal e Dreyfus e gli italiani Pellegrino, Delfino e Breda.
Ma il favoritissimo inglese venne clamorosamente eliminato al secondo turno mentre due degli italiani (Breda e Delfino), vincendo il loro girone, ebbero accesso alla finale a 8 assieme ai due francesi, l'ungherese, il sovietico, l'altro britannico Allan Jay ed il belga Roger Achten.
Il più esperto del lotto dei finalisti era l'italiano Giuseppe Delfino, già argento a Melbourne ma anche oro a squadre sia ad Helsinki che a Melbourne.
La sfida italiana nella finale: Delfino contro Breda
La finale fu molto intensa e combattuta. Tanti furono gli assalti che andarono alla stoccata supplementare. Alla fine, Delfino realizzò un bottino di cinque stoccate vincenti così come Jay, Khabarov e Sakovits si fermarono a quota quattro ed alla fine del torneo dovettero spareggiare per il bronzo. Jay avrebbe vinto l'oro se avesse vinto l'ultimo assalto proprio contro Khabarov il quale tirò fuori tutto il suo orgoglio e battè l'inglese per 5 a 2 costringendolo a spareggiare con l'italiano. Quindi due spareggi per l'assegnazione delle medaglie. Nel primo, quello per il bronzo, vinse il sovietico, dopo un combattutissimo assalto, conclusosi 8 a 7. Poi scesero in pedana Delfino e Jay. Fin dalle prime avvisaglie, fu chiara la stupenda determinazione di Delfino che a trentotto anni non voleva lasciarsi sfuggire la sua ultima possibilità di un oro olimpico individuale. E così, dopo la quinta e risolutiva stoccata messa a segno, "Pippo" (con questo nomignolo lo incitavano i suoi tifosi) venne portato in trionfo dal clan azzurro. Jay a stento riuscì a farsi largo sulla pedana, per andare ad abbracciare il vecchio olimpionico trionfatre della serata.
Il giorno successivo partì la prova a squadre, con 21 quintetti in gara. I pronostici della vigilia davano il seguente podio: Italia, Ungheria, URSS. Ma i magiari, battuti in semifinale dai britannici, furono esclusi dalla finale mentre gli italiani (Delfino, Mangiarotti, Pellegrino, Pavesi e Saccaro) superando 9 a 6 i sovietici e raggiungevano Allan Jay e company nella finale che assegnava l'oro olimpico. In questa finale che assegnò l'oro alla nazionale di casa (9 assalti contro 4), ci fu un momento molto bello ed alto dal punto di vista del fair play. Al nono assalto in pedana c'erano Delfino e Jay, i fiinalisti dell'individuale. Era una rivincita per l'inglese, che al barrage si era visto soffiare la medaglia più prezios dall'italiano. Nel giro di pochi secondi il pubblico partigiano stava urlando dei "boooh" contro Jay che in maniera aggressiva stava costringendo l'atleta di casa ad una ritirata completa. A quel punto Delfino si tolse la maschera e, con un gesto imperioso, ridusse la folla al silenzio. Poi i due schermidori si elargirono un inchino e, sorridendo, continuarono l'assalto, conclusosi con la vittoria dell'inglese per 5 a 4. La medaglia di bronzo se la misero al collo i sovietici.
La squadra italiana
il podio
un momento dell'assalto tra Carlo Pavesi e lo svedese Orvar Lindwall